Quando ci avventuriamo in percorsi naturali e sentieri selvaggi, gli alberi diventano compagni essenziali che arricchiscono la nostra esperienza escursionistica in modi sorprendenti e multipli. Oltre a costituire la tela di fondo del paesaggio, gli alberi svolgono ruoli pratici e simbolici che amplificano la bellezza e la profondità della nostra connessione con la natura.
Orientarsi tra i Giganti Verdeggianti
Immaginatevi camminare tra alberi maestosi, ognuno con la sua forma e personalità distintiva. Per gli escursionisti esperti, questi giganti verdeggianti non sono solo elementi del paesaggio, ma veri e propri segnavia naturali. Alcuni imparano a riconoscere specie arboree specifiche per orientarsi, trasformando la foresta in una bussola vivente.
Rifugio sotto le Chiome Amichevoli
Quando il cielo si oscura o il sole picchia forte, gli alberi diventano rifugi affidabili. Le loro chiome offrono riparo dalla pioggia improvvisa e dall’ardente sole estivo. In quei momenti, un albero diventa più di un semplice compagno di viaggio; diventa un alleato che protegge e conforta.
Segreti dei Sentieri e Riflessioni in Ombra
Gli alberi possono nascondere segreti di sentieri antichi e misteriosi. Alcuni percorsi seguono le tracce di alberi secolari, creando un’atmosfera di storia naturale. Sedersi all’ombra di un albero offre un rifugio perfetto per una pausa rigenerante, consentendo agli escursionisti di riflettere sulle loro avventure e godersi la tranquillità della natura.
Risorse Naturali e Delizie Edibili
A seconda della regione, gli alberi offrono risorse essenziali per gli escursionisti. Legna da ardere per il fuoco, frutti maturi e acqua fresca da ruscelli o pozzi possono essere trovati in abbondanza nelle foreste. Gli alberi diventano così non solo testimoni silenziosi del nostro passaggio, ma anche dispensatori di doni naturali.
Connessione con la Natura: Simboli Viventi
Gli alberi non sono solo elementi della natura; sono simboli viventi della sua maestosità e resistenza. Camminare attraverso una foresta è come entrare in un tempio naturale, con gli alberi che si ergono come colonne di un’architettura divina. Questa esperienza crea un legame spirituale tra gli escursionisti e l’ambiente che li circonda.
Biodiversità e Vita Selvatica Intorno agli Alberi
Gli alberi non sono soli; sono abitati da una varietà di creature. Uccelli che costruiscono i loro nidi tra i rami, insetti che solcano l’aria e mammiferi curiosi che si muovono tra il fogliame. Osservare la vita selvatica che ruota attorno agli alberi arricchisce l’esperienza escursionistica, offrendo uno spettacolo vivace di biodiversità.
In conclusione, la prossima volta che vi trovate a vagare nei sentieri naturali, date un’occhiata più da vicino agli alberi circostanti. Oltre a essere pilastri della natura, essi sono compagni di viaggio insostituibili, offrendo rifugio, guida e una connessione profonda con il cuore pulsante della Terra. Gli alberi sono molto più di semplici spettatori; sono parte integrante della storia che stiamo scrivendo con ogni passo che facciamo attraverso la loro dimora verde.
Rilanciamo il comunicato del 24 luglio 2023 sui lavori apparsi ai Piani di Pezza, in aree tutelate da leggi europee e nazionali, diramato da Altura Abruzzo, CAI Abruzzo, Dalla parte dell’Orso, Italia Nostra Abruzzo, LIPU Abruzzo, Salviamo l’Orso, Stazione Ornitologica Abruzzese.
Le Associazioni firmatarie hanno preso atto dell’inizio dei lavori per la realizzazione di un cosiddetto “Stadio del fondo” nei Piani di Pezza in Comune di Rocca di Mezzo. Così, dopo l’ampliamento degli impianti sciistici della Magnola e l’ipotesi di riperimetrazione del Parco Regionale Sirente-Velino ad opera di alcuni Comuni della Valle Subequana, un altro progetto di “sviluppo” si abbatte su una delle zone naturalisticamente più importanti dell’intero Abruzzo, quasi a voler esorcizzare l'”horror vacui” dell’esistenza di un’area di così vaste dimensioni ancora non “sfruttata”, o “valorizzata”; come altri ipocritamente dicono.
Dopo aver ipotizzato per questa località impianti sciistici, villaggi montani e collegamenti fra la Magnola e Campo Felice, nel tempo si è affermata l’idea di sfruttarne le potenzialità con la creazione di uno “Stadio del fondo”, in base all’alibi, tutto da dimostrare, del suo minor impatto ambientale.
Nel merito degli attuali lavori leggiamo dalla VIncA che questo intervento coinvolgerebbe solo l’area a ridosso del “Rifugio del lupo”, da quest’ultimo alla cava dismessa ad esso contermine. Sono previste strutture a servizio di una pista lunga 800 metri, comprendenti un laghetto artificiale in corrispondenza della cava, reti di contenimento delle scarpate a cui verrebbero sovrapposte gradinate ad uso degli spettatori e funzionali per salire e scendere, strutture di adduzione acqua per il laghetto ed impianti interrati a servizio di due cannoni sparaneve, in teoria mobili. Ma in quale possibile cornice si inseriscono questi lavori?
Quando, nel 2016, divenne di pubblico dominio il progetto di un villaggio attrezzato ad opera di investitori russi, gli amministratori locali non lesinarono ad esso le loro critiche, ma subito dopo, forti di questa dichiarato “ambientalismo”, magnificarono l’alternativa per loro praticabile dello “Stadio del fondo”. Da quelle dichiarazioni possiamo avere un’anticipazione di tutto quello che si vorrebbe realizzare e di cui l’attuale intervento potrebbe rappresentare nei fatti solo un primo “lotto”.
Traiamo dalle dichiarazioni dell’aprile 2016 dell’allora e attuale Sindaco di Rocca di Mezzo, Mauro Di Ciccio, l’elenco degli interventi, escludendo, naturalmente, i lavori già oggi previsti: “(il Sindaco annuncia) lo stadio del fondo da realizzare ai Piani di Pezza che prevede un anello illuminato ed infrastrutture amovibili in grado di accogliere anche gare mondiali, la realizzazione di una struttura di servizio allestita per il primo soccorso, per ospitare la giuria, la stampa, spazi per la sciolinatura, ufficio gara, bagni e spogliatoi, la realizzazione di un parcheggio adiacente a quello esistente per il raddoppio dei posti…” e via continuando.
Per quel che ci riguarda non è necessario attendere la realizzazione di questo “sogno mondiale” per esprimere un giudizio del tutto negativo sui lavori in corso: sul loro impatto naturalistico avremo modo di ritornare, ma sulle alterazioni paesaggistiche dell’area è facile fare previsioni. Dal laghetto, che in estate, come a Campo Felice, si trasformerà nel fondo plasticato di una discarica, ai cannoni sparaneve sul cui numero e sulla cui mobilità dubitiamo, ai canali e alle canalette in vista per l’adduzione dell’acqua al laghetto, alle gradinate che non sono state realizzate nemmeno in occasione della “Route” scout del 1986. Siamo senz’altro facili profeti se affermiamo con certezza che da ovest e da Capo Pezza la vista verso il valico sarà paesaggisticamente insostenibile.
Per non parlare del sicuro consumo di acqua potabile per alimentare il laghetto, considerato che la zona interessata è del tutto esposta e quindi presto priva di neve, e del rischio che le gradinate possano essere il pretesto per qualche spettacolo, del tutto fuori contesto in una località come i Piani di Pezza.
Ma soprattutto, anche volendo dare credito alla tesi della limitatezza e sostenibilità dell’intervento, qualcuno ci dovrebbe spiegare perché per realizzare una banale struttura “con funzione di campo scuola o di riscaldamento per gli atleti che si apprestano a percorrere le piste di sci di fondo” si deve ulteriormente pregiudicare un “unicum” come i Piani di Pezza, che avrebbero invece bisogno di un restauro ambientale in grado di “valorizzarne”, e stavolta la parola è correttamente utilizzata, gli straordinari valori naturalistici.
Significa, ci si passi l’immagine, procurarsi il pranzo uccidendo la gallina dalle uova d’oro.Vale la pena ricordare, inoltre, che i Piani di Pezza sono sia Zona SIC che ZPS, ai sensi delle normative europee, con tutto quel che ne consegue in tema di rispetto delle valenze naturalistiche dell’area.
Da un punto di vista strettamente burocratico ci si dirà che la Valutazione di Incidenza Ambientale è stata redatta e regolarmente approvata. Non facciamo fatica a crederlo quando il Comune è nello stesso tempo il committente dei lavori e l’Istituzione che l’approva e quando i tecnici incaricati non si sogneranno mai di affermare che un’opera non è realizzabile perché troppo impattante. Tuttavia sembra che la VIncA non sia stata pubblicata per il periodo necessario a renderne partecipi i portatori di interesse. Motivo per il quale, contestualmente al presente comunicato, le Associazioni firmatarie hanno anche spedito alle Istituzioni competenti una “Richiesta di intervento in autotutela” chiedendo il rispetto dei tempi e dell’iter previsto dalle normative.C’è un’ultima osservazione da fare. Per quel che ci risulta il tutto sembra decisamente essere stato fatto in sordina: nessuna anticipazione sugli organi di informazione, nessun annuncio sulla nuova fondamentale offerta turistica, nessuna rivendicazione da parte di qualche personaggio del proprio insostituibile ruolo nell’aver consentito la realizzazione dell’opera. Nulla del repertorio fraseologico di cui si fa largo uso in occasioni del genere. Il sospetto che ne deriva è sin troppo evidente e i lavori già iniziati lo dimostrano.
Oggi è un giorno molto triste per chi ha veramente a cuore i valori naturalistici del nostro Abruzzo montano. Si insegue un “sogno” ormai datato, continuando ostinatamente a voler proseguire lungo una strada senza prospettive, quella di un sedicente sviluppo basato su un settore, quale quello dello sci, messo in crisi dai cambiamenti climatici, sempre più oneroso e sempre più legato all’assistenzialismo pubblico.
Nei giorni scorsi il personale e i volontari di Rewilding Apennines e di Salviamo l’Orso, durante alcune attività di monitoraggio e controllo condotte insieme ai Carabinieri Forestali e al Servizio di Sorveglianza del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise hanno rinvenuto in totale le carcasse di nove lupi, cinque grifoni e due corvi imperiali, tutti morti in seguito ad avvelenamento.
L’episodio è avvenuto nel territorio di Cocullo, in Provincia dell’Aquila, fuori da aree protette, ma nell’importante corridoio ecologico che unisce il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise e il Parco Naturale Regionale Sirente Velino, zona frequentata anche dal raro orso bruno marsicano. Negli anni scorsi nella stessa area e nello stesso periodo sono avvenuti episodi analoghi, che in un caso hanno ucciso per avvelenamento anche due aquile reali.
Lo spargimento di bocconi avvelenati o carcasse con veleno sul territorio è una pratica criminale che deve essere combattuta e condannata e che rappresenta una minaccia per la sicurezza, non solo della fauna selvatica, ma anche dell’uomo e degli animali da compagnia. L’impatto di queste attività illegali è enorme e spesso difficile da verificare nella sua totalità, riflettendosi a cascata su tutti gli animali che di volta in volta si alimentano su queste fonti.
Rewilding Apennines, Salviamo l’Orso, Io Non Ho Paura Del Lupo, Stazione Ornitologica Abruzzese, Storia della Fauna, LIPU, Altura, Orso & Friends, Appennino ecosistema, Ente Nazionale Protezione Animali, FederTrek, Paliurus, Mountain Wilderness, Ambiente e/è Vita, Dalla parte dell’Orso, WWF Abruzzo, Pro Natura Abruzzo, CONALPA, CAI Abruzzo, Ecotur, Intramontes, Altrementi e Wildlife Adventures hanno scritto e inviato una lettera alle autorità nazionali, regionali e locali competenti in materia ambientale e di polizia giudiziaria per chiedere con forza incisive azioni di prevenzione del fenomeno degli avvelenamenti e di rafforzare le procedure di intervento e investigazione, al fine di ridurre il più possibile questo gravissimo rischio per la biodiversità e per le comunità umane, rendendosi disponibili a un incontro.
Infine, ci rivolgiamo a ogni singolo cittadino, affinché sia consapevole che questi crimini sono purtroppo ancora presenti e possa farsi portavoce di una cultura diversa, fatta di conoscenza e rispetto della natura, di attaccamento al luogo e di coesistenza con la fauna selvatica.
LA LETTERA
La popolazione di Orsi sulle alpi non è in uno zoo senza gabbie, ha il diritto di vivere in un ecosistema.
FederTrek riconosce all’Orso un grande valore simbolico e la potenzialità sociale nel ricreare un sano equilibrio con l’ambiente naturale. Durante le nostre escursioni abbiamo avuto modo di emozionarci per il casuale incontro con questo straordinario animale, che appassiona grandi e piccini di fronte alla scoperta delle sue tracce.
La conservazione dell’Orso è un tema che riteniamo vada affrontato da un punto di vista della gestione in termini di coesistenza, ma allo stesso tempo è bene ricordare che rappresenta una potenzialità di sviluppo per i territori in cui è presente. Da sempre le nostre associazioni lavorano per la valorizzazione del patrimonio naturale ed assistiamo sempre più frequentemente all’esigenza di una fruizione esperienziale della natura. Tale tendenza crea una nuova prospettiva sulle possibilità di sviluppo dei territori dell’Appennino, che non può assolutamente prescindere da una stretta tutela e sorveglianza dell’ambiente e delle specie animali che lo popolano. Chi paventa un effetto negativo sul turismo per la presenza di Orsi dimostra di non conoscere le nuove tendenze del cosiddetto Turismo Green.
Uno sviluppo attento a “passare inosservato” ai sensi dell’Orso e della fauna selvatica più in generale. La nostra presenza in ogni ambiente naturale produce effetti e cambiamenti sul suolo, sulla vegetazione e i sui corsi d’acqua. Il nostro odore o la nostra voce vengono sentiti dagli animali. L’Orso ha dei sensi molto sviluppati ed è in grado di percepirci a grandi distanze, ma quando lo cogliamo di sorpresa, rischiamo di innescare reazioni di difesa che possono essere per noi pericolose. Conoscere gli effetti del nostro passaggio in un ambiente naturale è il primo passo per vivere consapevolmente e con rispetto la natura.
I fatti di questi giorni che hanno interessato l’Orso JJ4 ci portano ad una importante riflessione sul nostro agire quotidiano come Federazione. In primo luogo, il rischio, un rischio che affrontiamo con la formazione e l’aggiornamento dei nostri accompagnatori volontari, consapevoli che muoversi ed accompagnare gruppi in ambiente naturali necessita di conoscenze e tecnica. Muoversi in territori in cui è presente una popolazione di Orsi necessita di particolari attenzioni evitando ad esempio movimenti bruschi e nervosi, magari accompagnati da cani non al guinzaglio, che ci fanno percepire come pericolosi da questi animali. Senza parlare della moderna ricerca del wild selfie o della foto da spammare sui social che fanno dimenticare i rischi che si corrono.
La coesistenza dell’uomo con l’Orso ha bisogno di informazioni e strumenti, che dopo il Progetto LIFE Ursus che ha riportato l’orso bruno nell’arco alpino, che sono programmati del cosiddetto protocollo “PACOBACE”, che rappresenta il piano d’azione interregionale per la conservazione dell’Orso bruno sulle Alpi orientali che deve tutelare non solo l’Orso, ma anche la popolazione umana proprio in funzione della conservazione dell’Orso a lungo termine. Il PACOBACE prevede la cattura e detenzione a vita di un esemplare problematico, previa il fallimento di ogni altro tentativo di monitoraggio e dissuasione. Come ultima soluzione, persino l’abbattimento.
La morte di Andrea Papi, per la quale FederTrek manifesta tutto il cordoglio di cui siamo capaci nei confronti dei suoi cari, potrebbe essere archiviata come tragica casualità e strumentalizzata politicamente da chi ha la coscienza sporca, ma serve anche per ribadire il fatto che l’estrema soluzione dell’abbattimento di un esemplare di Orso può essere accettabile solo quando tutti i passaggi precedenti siano stati adempiuti con efficacia. In particolare, le informazioni sulle modalità da attuare per ridurre i rischi di farsi percepire come un pericolo da un Orso che incontriamo nel suo ambiente. Su questo fronte noi e le istituzioni non siamo stati efficaci, abbiamo fortemente sottovalutato l’importanza di fare nostre semplici regole di comportamento.
In questi giorni in molto usano la locuzione “troppi”, ma ci chiediamo “troppi, per chi?”. Si parla di limiti superati che non hanno nessun riscontro o dato di riferimento, che si basano su percezioni soggettive da “Bar dello Sport”. Non crediamo che questo approccio porti qualcosa di buono a tutti noi o alla popolazione di Orso sulle alpi. Chi parla facilmente di “troppi” manifesta in maniera ipocrita la convinzione che l’uomo ha il diritto di vivere in totale sicurezza ogni angolo dell’ambiente naturale anziché cercare di trovare un modo di cambiare le proprie abitudini per condividere questi ambienti con la fauna selvatica.
Stante queste riflessioni FederTrek:
- RICONOSCE all’Orso un grande valore simbolico e la potenzialità sociale nel ricreare un sano equilibrio con l’ambiente naturale
- È CONVINTA che la presenza di una popolazione di Orso rappresenta una potenzialità di sviluppo per i territori in cui è presente
- CHIEDE la completa attuazione del PACOBACE con adeguate risorse
- RIBADISCE la necessita di una corretta e capillare informazioni sui rischi e sulle indicazioni di comportamento
- È CONTRARIA alla captivazione e l’eventuale abbattimento di JJ4 e di altri individui, che oggi si vogliono forzatamente considerare come “problematici”, che rappresentano un palese fallimento delle istituzioni e della società trentine e nazionali
Ci auguriamo quindi che si vada verso la ricerca di un modello di convivenza che dia risposta alle aspettative di sviluppo socioeconomico di chi vive e lavora nei territori, ma che garantisca la tutela dell’Orso e della fauna selvatica in genere.