Con la morte di Papa Francesco, il mondo saluta non solo un pontefice, ma un pellegrino instancabile del nostro tempo. La sua vita è stata un cammino, nel senso più profondo e umano del termine: un percorso fatto di ascolto, di passi semplici, di sguardi rivolti agli ultimi e di parole che hanno tracciato sentieri nuovi nella coscienza collettiva. Francesco ha camminato con l’umanità, e ora che si è concluso il suo viaggio terreno, rimane la scia luminosa del suo esempio.

Dalla pubblicazione dell’enciclica Laudato si’ nel 2015, il Papa argentino ha posto al centro del magistero pontificio la custodia del creato. Con parole semplici e potenti ha ricordato che la Terra “grida per le ferite che le abbiamo inflitto”, facendo della Chiesa una voce profetica nella crisi climatica. Il suo appello alla conversione ecologica non era ideologico, ma profondamente spirituale: amare la Terra come casa comune, riscoprire la fraternità con ogni creatura, camminare leggeri sul mondo come pellegrini, non come padroni.

Anche la pace è stata per lui un sentiero da percorrere ogni giorno, con tenacia e umiltà. Ha scelto il dialogo come bussola, ha teso la mano a credenti e non credenti, ha pregato nelle zone di guerra e ha pianto per le vittime dimenticate. Nei suoi gesti, mai eclatanti ma sempre carichi di significato, si intravedeva l’immagine del viandante evangelico che porta speranza nei crocevia del dolore umano.

Papa Francesco non ha solo predicato la via della pace e dell’ecologia integrale: l’ha vissuta, passo dopo passo. Come San Francesco d’Assisi, di cui portava il nome, ha trasformato il Vangelo in cammino, in incontro, in carezza. Oggi che il suo bastone di pellegrino si è fermato, tocca a noi continuare il viaggio, seguendo le orme lasciate nel fango e nella luce.

Perché ogni vita è un cammino. E quella di Papa Francesco è stata una via aperta verso un mondo più giusto, più verde, più umano.